Il bail-in e le nuove regole europee
sulla gestione delle crisi bancarie
La
famosa regola del bail-in, entrata in vigore dal 1 Gennaio 2016, è stata
introdotta nell'ordinamento giuridico dei Paesi europei attraverso la direttiva
BRRD (Bank Recovery and Resolution Directive). Parliamo di un set regole
armonizzate, finalizzate a prevenire e gestire le crisi di banche ed imprese di
investimento.
Le
nuove norme attribuiscono alle autorità competenti, ossia le Banche Centrali
Nazionali o la BCE, strumenti di maggiore efficacia ed impongono l’utilizzo di
risorse del settore privato in caso di crisi bancarie, riducendo così al minimo
gli effetti negativi sul sistema economico ed evitando salvataggi mediante
risorse pubbliche (bail-out). Esse hanno il potere di avviare una risoluzione
significativa di un istituto di credito, cioè un processo di ristrutturazione
finalizzato ad evitare interruzioni nella prestazione dei servizi essenziali
offerti dalla banca (es. servizi di pagamento), ripristinare condizioni di sostenibilità
economica e redditività della banca, nonché liquidare le parti restanti.
L'alternativa alla risoluzione è la liquidazione.
Gli enti competenti possono sottoporre una banca a
risoluzione se ritengono soddisfatte tutte le seguenti condizioni: a) la banca
è in dissesto o a rischio di dissesto; b) non si ritiene che misure alternative
di natura privata (quali aumenti di capitale) o di vigilanza consentano di
evitare in tempi ragionevoli il dissesto dell’intermediario; c) sottoporre la
banca alla liquidazione ordinaria non permetterebbe di salvaguardare la
stabilità sistemica, proteggere depositanti e clienti, assicurare la continuità
dei servizi finanziari essenziali, per
cui, la
risoluzione è necessaria
nell’interesse pubblico. Il principale strumento a disposizione messo a
disposizione dalla normativa è proprio il bail-in, ossia un procedimento che consente alle autorità di risoluzione di disporre
la riduzione del valore di azioni ordinarie e titoli di credito o la
conversione di tali titoli in azioni, al fine di assorbire le perdite e
ricapitalizzare l'ente in misura sufficiente a ripristinare un'adeguata patrimonializzazione,
mantenendo la fiducia dei mercati finanziari. In tali casi, gli azionisti e i
creditori non potranno in nessun caso subire perdite maggiori di quelle che
sopporterebbero in caso di liquidazione della banca secondo le procedure
ordinarie. La procedura consente, quindi, alla banca di continuare a
operare ed offrire i servizi finanziari ritenuti essenziali per la collettività, senza
l'utilizzo di risorse finanziarie pubbliche.
E'
importante ricordare che sono esclusi
dalla disciplina del bail-in: a)
depositi protetti dal sistema di garanzia dei depositi, cioè quelli di importo
fino a 100.000 euro; quindi i clienti con meno di tale somma in banca
possono restare tranquilli. b) passività garantite, inclusi i covered bonds e
altri strumenti garantiti; c) passività
derivanti dalla detenzione
di beni della
clientela o in
virtù di una relazione fiduciaria (es. contenuto delle
cassette di sicurezza o titoli detenuti in un conto apposito); d)
passività interbancarie con durata
originaria inferiore a 7 giorni; e) passività derivanti dalla partecipazione ai
sistemi di pagamento con una durata residua inferiore a 7 giorni; f) debiti
verso i dipendenti, i debiti commerciali e quelli fiscali purché privilegiati
dalla normativa fallimentare. In ogni caso, le perdite non assorbite dai creditori esclusi in via discrezionale
possono essere trasferite ad un fondo di risoluzione delle crisi, che può
intervenire nella misura massima del 5 per cento del totale del passivo, a condizione
che sia stato
applicato un bail-in minimo pari
all’8 per cento delle passività
totali. In definitiva, la logica di
base del bail-in, è che gli investitori in strumenti finanziari più rischiosi
sostengano prima degli altri le eventuali
perdite o la conversione in azioni, mentre l'anello terminale della
catena è rappresentata dal fondo di garanzia dei depositi, che contribuisce al
bail-in al posto dei depositanti protetti.
E' noto (per il grande clamore mediatico) che nel corso
del 2015, prima dell'entrata in vigore del nuovo set di regole europee, il
Governo Italiano, in concerto con Banca d'Italia, è intervenuto nel salvataggio
di 4 banche regionali: Ca.ri.Chieti, Ca.ri.Fe., Banca Marche e Banca Etruria. In
tal caso, anche non essendo applicata la regola del bail-in, è stato azzerato
il valore delle azioni ordinarie ed, in particolare, convertite e svalutate le
obbligazioni subordinate, con conseguenti effetti negativi per i risparmiatori,
i quali avevano precedentemente investito in tali strumenti ad alto rendimento,
ma più vicini ad un strumento di capitale che un ad un titolo di credito. Si
tratta di un evento che mette in luce la mala gestio dei manager bancari, da
una parte, ma anche la scarsa alfabetizzazione finanziaria dei risparmiatori, i
quali, con la complicità delle stesse banche e di promotori finanziari, hanno
investito risparmi di una vita in piccole banche regionali e, soprattutto, in
strumenti finanziari caratterizzati da un elevato rapporto rischio-rendimento. La nuova regolamentazione presenta, quindi,
l'aspetto positivo di far ricadere gli effetti delle crisi bancarie su manager
e grandi azionisti delle banche, non incidendo su piccoli risparmiatori e, soprattutto,
evitando l'utilizzo delle risorse pubbliche per salvataggi bancari.
Fonti:
BANCA D'ITALIA (luglio 2015) -
"Che cosa cambia nella gestione delle crisi bancarie?"
DIRETTIVA 2014/59/UE del Parlamento
Europeo e del Consiglio (15 maggio 2014) - Procedura armonizzata di risanamento
e risoluzione delle crisi di enti creditizi e delle imprese di investimento,
istitutiva del bail-in.
Nessun commento:
Posta un commento
Grazie per aver commentato!